AMERICAN CAN DO SPIRIT

È tra i simboli dell'immaginario a stelle e strisce. Come i cowboy e il rhythm and blues, la Route 66 e il Grand Canyon, i multipli di Andy Warhol, i film western, i grattacieli, le praterie, James Dean o Marylin Monroe. E come questi ultimi due eternamente giovane, avventurosa, ribelle, rampante. Stiamo parlando della Mustang, non solo un celebre marchio di automobili, ma una vera e propria icona della cultura americana, simbolo di libertà, spirito indomabile, proprio come i selvaggi cavalli nordamericani da cui prende nome (e logo). Da sapere, infatti, che la parola "mustang" deriva dallo spagnolo mesteño che significa "non domato". Protagonista di infinite pellicole (come per il più avventuroso inseguimento nella storia del Cinema nel film Bullitt del 1968 con Steve McQueen). E ancora serie Tv e tanta, tanta musica, al ritmo di "Mustang Sally" composta da Mack Rice del 1966 o alle più recenti "Wild Wild Mustang" di Dick Dale, "White Mustang" di Lana del Ray o l'ultimissima "Mustang" dei King of Lions. Mustang, infatti, è più di una casa automobilistica. È una leggenda, che quest'anno festeggia i suoi (primi) 60 anni, non guardandosi indietro, ma lanciandosi al galoppo verso nuove sfide e traguardi. In occasione di un anniversario importante che qui intendiamo festeggiare insieme a tre personaggi dal mondo della cultura, delle arti visive e dello stile – e precisamente Ico Migliore architetto "compasso d'oro" dello Studio Migliore + Servetto, il grande fotografo Maurizio Galimberti e l'imprenditore della moda Alessandro Squarzi, pioniere del revintage e del revival dello stile propriamente detto "Americana", oggi di gran moda.

Tre personalità di spessore, innovatori famosi internazionalmente nel proprio campo, grandi amanti della cultura Statunitense che ci hanno raccontato come sono stati influenzati (e ispirati) dagli Usa. Luogo dell'appuntamento per le interviste? I rispettivi studi e showroom, che abbiamo raggiunto con loro proprio a bordo di una Ford Mustang. E per la precisione della scattante Ford Mustang Mach-E, guidata dal nostro giornalista Giacomo Nicolella Maschietti. Più veloce e potente "full-electric" disponibile sul mercato, questa vettura r-evoluziona l'heritage di Mustang, raccogliendo l'eredità di questa linea fin dal principio pionieristica per una purosangue di nuova generazione. Per chi non lo sapesse il termine "pony car" è nato proprio su misura per Mustang, il cui primo esemplare è ancora conservato nel Henry Ford Museum di Dearborn, nel Michigan.

Per un'automobile dallo spirito indomabile, simbolo di un futuro aperto alle sfide della sostenibilità, della sicurezza e di una grandissima versatilità di guida, in viaggio, nel quotidiano ma (e non poteva essere che così) anche su pista, grazie a una inedita opzione di guida ad hoc, tra le quattro modalità: Active, Whisper, Untamed e Untamed Plus. Funzionalità iper sportiva, quest’ultima, da sperimentare ad esempio sul circuito di Monza, poco distante dalla bellissima villa neoclassica immersa nel parco che ospita lo studio del fotografo Maurizio Galimberti, con cui inizia il nostro viaggio. Maestro del clic noto mondialmente, fin da ragazzo Galimberti è stato guidato dal suo amore per l'immagine e la fotografia. Passione che lo ha portato ad inventare quella sua originalissima tecnica a mosaico di polaroid - influenzata da Boccioni e Duchamp - diventata la sua cifra stilistica per i famosi ritratti (come quelli di Robert De Niro, Lady Gaga e Johnny Depp) e opere d'arte dal flair inconfondibile. Appena atterrato proprio da NYC, sale a bordo della nostra Ford Mustang Mach-E,dove il caratteristico design degli esterni della Mustang è rivisitato alla luce del presente, proprio per parlare di America. Dice Maurizio Galimberti: "Il mio sogno americano è nato quando ho cominciato a capire che amavo la fotografia volevo diventare fotografo. Studiando ho scoperto che i fotografi americani hanno cambiato la storia della fotografia, partendo ad esempio dalle pagine della storica Camera Work, la leggendaria rivista pubblicata dal 1902 al 1917 da Alfred Stieglitz. La cultura americana sicuramente ha influenzato tantissimo la fotografia in generale e, ovviamente, anche la mia.

E la mia fotografia è New York. Sono attratto dal cemento dalla città. Che poi divido come in una partitura musicale, tra palazzi, finestre, strisce pedonali, automobili... C'è un mio lavoro titolato Yellow Dance, che cristallizza il traffico di taxi trai grattacieli della Grande Mela, che è la summa della mia estetica. Quando cammino con la mia camera tra street e avenue, mi confronto con la celebre Margaret Bourke-White o con Chuck Close (con cui ho avuto la fortuna di collaborare). E una città dove se anche se ti muovi con due assistenti, ti senti solo, a New York respiri la durezza del vivere, perché è una città dura, dove soffri, dove puoi essere il fotografo più importante del mondo ma sei in giro, con la tua macchina fotografica e i tuoi due assistenti, e nessuno ti guarda. Bellissimo! Cioè veramente sei tu a tu per tu con il tuo soggetto e il tuo sogno. Ecco, diciamo che New York sintetizzarlo è l'approdo per il mio sognare con la fotografia. Un approdo duro e contemporaneo. Degli US mi piace anche fotografare "on the road" come quando sono andato a Temecula, spostandomi da Los Angeles a Las Vegas. Avevo noleggiato questa Mustang gialla cabrio bellissima, solo il simbolo del cavallo della macchina dà proprio l'idea di potenza. Una volta mi fermò la polizia, ero quasi contento di essere su questo mito americano. Quando pensi agli Stati Uniti pensi per forza alla Mustang, no?

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